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La psicologia del “rosso Coca-Cola” e dei colori nel marketing

Ti dice nulla il “rosso Coca-Cola”?

Se lo hai canticchiato con la voce di Orietta Berti, sei doppiamente a cavallo (e a breve ti spiego il motivo): nella definizione della propria brand identity, la scelta dei colori si rileva un elemento imprescindibile, come il Tono di Voce e il PED, di cui ti ho parlato di recente.

So che mi stavi aspettando per introdurti questo ricco argomento (con due occhi più grandi del mondo). Dunque, affrontiamo insieme le innumerevoli implicazioni della psicologia dei colori nel marketing e nel personal branding.

Il colore, infatti, è il primo biglietto da visita di un’attività, deve rispondere alla filosofia dell’azienda e mostrarne i caratteri peculiari, restituendo al cliente un’immagine fedele e amichevole. Per far sì che la scelta di questo sia quanto più coerente con simili aspetti, è bene ricordare che un preciso colore rimanda a un altrettanto specifico significato nella sfera del marketing.

Ripensa all’esempio in apertura: per rendere impattante il suo logo e rispondere all’esigenza di porsi in modo vivace ed energico, nel 1960 la Coca-Cola Company scelse l’iconico rosso. Ciò ha fatto sì che il colore passasse alla storia in virtù di “rosso Coca-Cola” e approdasse poi nei ritornelli di numerose canzoni, tra cui “Mille”, il tormentone dell’estate 2021. A quel punto, in un gioco di rimpalli tra l’azienda e Fedez, Oriettona nazionale e Achille Lauro, non si è più compreso se il video del brano fosse stato confezionato per essere uno spot del marchio, oppure se la bevanda fosse stata scelta come veicolo metaforico delle velleità bertiane.

Al di là della zona grigia, la strategia ha funzionato! Ne è risultato un ampio ritorno di immagine e per l’elisir gassato di Atlanta e per la canzone, rivelando la capacità del colore di rendersi elemento distintivo sia di un brand, sia di un ritornello musicale.

Quindi, come fanno le tinte a intercettare il target a cui siamo interessati?

Ogni sfumatura, infatti, è legata a una certa sensazione o emozione che può essere sortita nel pubblico: a livello psicologico, si evince che il blu scuro induce suggestioni legate alla tranquillità e alla stabilità. Non a caso, il primogenito digitale di Mark Zuckerberg, Facebook per tutti, sfrutta il blu come colore di punta. Il giallo, invece, è un colore ambivalente, ossia capace di trasmettere freschezza e ottimismo, ma anche talvolta di infastidire e appesantire.

Quindi, per scegliere un colore efficace, occorre:

Ti ho già parlato di Coca-Cola, supermercati e tattiche utili per cimentarti nella scelta consapevole dei colori. Ora, però, è doveroso che io ti parli della fu Regina Elisabetta II, regina soprattutto del personal branding a cavallo tra XX e XXI secolo.

Ricorderai senz’altro i suoi sgargianti outfit, quasi stridenti rispetto all’atteggiamento austero. Mai casuali, venivano individuati da lei cosicché le garantissero spiccata visibilità nella folla, soprattutto nel rispetto di coloro che attendevano ore solo per vederla. Promozione di sé stessa? Sì e c’è pure altro: la sovrana è riuscita così a fornire un doppio ritratto unico e storico legato indissolubilmente alla sua figura e a quella del popolo britannico.

In maniera analoga si mosse Matt Groening quando decise che i suoi Simpson dovevano essere gialli: dovevano distinguersi.

Occhio a non strafare, eh. Ricorda:

In ossequio alle volontà di Orietta, ti ho detto il segreto dell’importanza del colore nel marketing all’orecchio, stasera.

Ho risolto un bel problema. E va bene così, poi te ne restano mille a cui troverai soluzione contattando gli esperti di Nagency!

Giusy Longo

Giusy Longo

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