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Sostenibilità aziendale. Sono sempre tutti green con l’umido degli altri.

L’insostenibile pesantezza dell’essere… umano.

Ma lo sapete che il 22 aprile è la Giornata della Terra? Sapevatelo!

Per chi non ne fosse al corrente è il nome usato per indicare il giorno in cui sono celebrati l’ambiente e la salvaguardia del pianeta Terra.
Sostanzialmente la più grande operazione di green washing mai vista, dato che l’essere umano fa il radical chic ecologista con l’auto elettrica, salvo poi acquistare cannucce di carta confezionate nella plastica o frutta sbucciata e impacchettata singolarmente, proveniente dagli antipodi.

Tutto questo si traduce nell’obbligo di ripensare il nostro modello di sviluppo.

Una sfida senza precedenti che deve essere innescata non solo da un cambio di mentalità dei consumatori ma soprattutto da una importante presa di coscienza delle organizzazioni.
Il punto chiave è essere parte integrante e promuovere la sostenibilità ambientale intesa come massima riduzione possibile dell’impatto di qualsiasi attività umana sull’ecosistema in cui è inserita quella specifica attività.

Da ambientale ad aziendale quindi, la distanza deve essere nulla, allargandosi però a una visione più ampia del concetto che coinvolge molteplici aspetti.

Per sostenibilità aziendale si intende l’impegno concreto nel dar vita a un modello di business che non solo permetta il sostentamento dell’impresa a lungo termine, ma che sia anche attento all’ambiente, al benessere sociale e a una governance equa e lungimirante.

Oggi non è più un’opzione, è una necessità. Lo richiede il pianeta, ma anche il mercato. La coscienza e la sensibilità rispetto a questi temi sono sempre più diffuse e presenti nella vita delle persone.

Una realtà che ignora le più basilari politiche di sostenibilità è destinata, prima o poi, a finire nel mirino dell’opinione pubblica, oltre a perdere un importante vantaggio competitivo.

I clienti scelgono sempre più spesso prodotti e servizi sostenibili e sono disposti a pagare un prezzo maggiorato purché rispettino la società e l’ambiente. Basti pensare allo sviluppo delle coltivazioni biologiche che, solamente in Italia, sono aumentate di oltre il 100% negli ultimi dieci anni.

Ma come è possibile raggiungerla?
No, non basta mettere il deodorante alla lavanda nelle ciminiere!

Secondo le moderne teorie economiche l’obiettivo delle aziende non può più essere soltanto generare rendite economiche ma anche creare valore per la società e per il pianeta. Senza il rispetto per la nostra casa, per le sue risorse (limitate) e per le generazioni che verranno non è infatti possibile immaginare un futuro roseo.

In questo scenario, anche le imprese sono chiamate a fare la loro parte e ad adottare comportamenti aziendali responsabili, mettendo in campo azioni misurabili in linea con i principi ESG, acronimo di Environmental, Social, and Governance (Ambientale, Sociale e Governo d’impresa). Ovvero i tre fattori principali nella misurazione della sostenibilità e dell’impatto sociale di un investimento.

Il concetto di sostenibilità aziendale è strettamente legato a quello di responsabilità sociale d’impresa.

L’azienda è un soggetto importante del tessuto sociale che deve essere sostenibile in quanto i suoi comportamenti incidono in modo evidente sui cittadini e sull’ambiente. Non può più quindi occuparsi soltanto del profitto, ma allargare lo sguardo alle conseguenze del suo operato.

La sostenibilità non è un qualcosa di astratto, al contrario, un impegno concreto che va a poggiarsi su quattro importanti pilastri: ambientale, sociale, economico ed etico.

I primi tre sono stati definiti nel trattato di Amsterdam, firmato nel corso del 1997. Proprio in quell’occasione l’Unione Europea decise di dare un seguito concreto al rapporto Brundtland pubblicato dieci anni prima, dando luogo ad un nuovo accordo per uno “sviluppo armonioso delle attività umane”.
Solo successivamente a questo si è andato ad aggiungere il quarto pilastro, quello rappresentato dall’etica.

Probabilmente il più noto, si basa sull’idea ben precisa di consumo di risorse proporzionato alla effettiva capacità di rigenerazione delle stesse, unita alla constatazione che la produzione di scarti non deve superare la quantità che il sistema è in grado di trattare, riciclando o smaltendo in maniera sostenibile.

Ha come principale obiettivo quello di andare a migliorare il benessere umano proteggendo il capitale naturale come la terra, l’acqua, l’aria o i minerali. In questa ottica, ogni iniziativa o programma deve essere in grado di assicurare la piena soddisfazione dei bisogni della popolazione, senza andare a compromettere le esigenze di quelle future, grazie ad azioni virtuose quali:

Per poter risultare effettivamente sostenibile da un punto di vista economico, un’azienda o un ente, devono rivelarsi capaci di accrescere o mantenere stabili i propri parametri economici con il trascorrere del tempo, redistribuire a livello territoriale la ricchezza resa possibile dal suo sfruttamento e dare vita ad un uso attento e oculato delle risorse disponibili.

Lo sviluppo, però, per essere reale, non può limitarsi al dato quantitativo ma deve riuscire ad abbinarsi ad una crescita in termini di qualità della vita, sfidando così un caposaldo del capitalismo, secondo il quale la crescita continua è buona a prescindere dal fatto che vada a recare danni più o meno estesi al sistema ecologico e umano.
Un’azienda sostenibile deve:

Fa riferimento a quello spirito volto a favorire l’aggregazione e rendere più coesa una comunità, in modo da azzerare o diminuire in maniera significativa le differenze sociali, di classe e di genere.
Ha come obiettivo la conservazione del capitale sociale tramite l’investimento e la creazione di servizi destinati a costituire una visione del mondo in cui la comunità cresca di pari passo con l’azienda. Diventa così possibile non solo preservare le future generazioni, ma anche prendere atto che le nostre azioni possono avere una ricaduta sugli altri e sul resto del mondo.

I concetti alla base sono coesione, reciprocità e onestà che si traducono in:

Basato in particolare sulla necessità di garantire una giusta remunerazione a tutti i componenti della filiera, in grado di garantire non solo la sostenibilità ma anche l’effettiva qualità del prodotto finale.
Forse il più difficile da conseguire, visto l’animo egoista e vorace proprio dell’essere umano e in particolar modo degli attori economici e finanziari.

Innovare i processi produttivi, nell’ottica di una limitazione dell’impatto ambientale, è un passaggio essenziale per far parte delle aziende sostenibili. L’azione sul lungo periodo non può però limitarsi a un’attività “difensiva”, volta ad arginare i danni, perché si arriverà ad un punto in cui sarà troppo tardi.

Le aziende devono iniziare da piccole, semplici azioni diventando portatrici di valori positivi universali, soggetti autorevoli in grado di collaborare attivamente alla diffusione di stili di vita sostenibili.

Basta poco, che ce vo’!

Un’impresa, ad esempio, può contribuire a rendere più verde il territorio in cui si trova piantando a sue spese alberi nell’area comunale. Può farsi promotrice di comportamenti virtuosi creando campagne di sensibilizzazione da diffondere tramite i propri canali, invitando i cittadini ad effettuare in modo corretto la raccolta differenziata, fungendo da esempio.

La parola d’ordine è coerenza.

Essere sostenibili sicuramente conviene perché si aumentano e migliorano i processi aziendali, le risorse sono investite in maniera più razionale, si riducono gli sprechi e i costi e aumenta la propria brand reputation agli occhi degli stakeholder.

Il punto chiave però è un cambio di passo culturale netto e deciso, volto ad un maggior rispetto nei confronti del pianeta Terra, dopo secoli di sfruttamento di risorse naturali senza tregua.
Siamo giunti ad un punto di non ritorno, ma molti ancora sembrano non accorgersene.

E adesso scusate ma devo andare a prendere il gruppo elettrogeno a nafta che s’è scaricata la Tesla in tangenziale!

Carlo Simonetti

Carlo Simonetti

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