Cerca
Close this search box.

Clubhouse è morto?

Clubhouse è morto?

La notizia è arrivata così, di colpo mentre stavamo tutti seduti al bar. 

Faccio finta di niente, prendo la borsa, mi alzo lentamente lasciando i soldi sul tavolo ed esclamo: “Vado un attimo a compra’ le sigarette”. 

Sono sparito per una settimana.

Io non so niente di Clubhouse, nonostante sia l’app più chiacchierata dai possessori di Iphone, così ho deciso di fare un viaggio in questa app, cercando di capire perché, se tutti la usano, stiano per chiuderla definitivamente.

Un po' di storia.

A quanto pare è noto a tutti (tranne che a me) che Clubhouse sia un’app in cui appassionati di ogni argomento possono riunirsi per discutere usando soltanto messaggi vocali, una specie di forum in versione audio.

Non appena diversi V.I.P hanno dichiarato di aderire alla versione beta, il fenomeno è esploso, tutti hanno iniziato a scaricare l’app.

Di lì a poco la Clubhouse-mania è dilagata (8 milioni di utenti!) fino ad approdare nel nostro paese.

Prepararsi al viaggio.

Comprate le sigarette, fatto lo zaino sono pronto.

Con l’entusiasmo di un esploratore scarico l’applicazione, compilo il form per l’anagrafica, scelgo il nickname e attendo. A questo punto mi servirà un invito di qualcuno che sia già membro di questo club esclusivo.

Attendo qualche ora con quell’atteggiamento Morettiano del “si nota più se non chiedo l’invito o se mi faccio invitare e poi non la uso?” poi apro un libro e mi perdo.

I giorni passano e la mia richiesta rimane in sospeso, fingo disinteresse, invece mi sento escluso come da una discussione su una puntata della D’Urso.

Così mi rivolgo alla mia amica Rossella e la supplico di invitarmi, tanto ormai la curiosità è più forte dell’orgoglio.

Dopo pochi attimi, e tanti ringraziamenti a Rossella, finalmente anche io sono uno del Club.

L’ app mi dà il benvenuto, mi fa scegliere degli argomenti a cui potrei essere interessato e poi, bam, sono nel vivo dell’applicazione.

L’interfaccia è estremamente semplice, i non amanti del minimal direbbero TROPPO semplice.

Sfondo neutro e poche icone, al centro le stanze attive con le indicazioni dell’argomento della stanza (che si chiama Club), del titolo e dei relatori principali.

Cinque icone:

  • Icona Lente d’ingrandimento: il motore di ricerca dell’app
  • Icona Busta da lettera: da qui possiamo visualizzare gli amici, le persone in attesa di un invito o contatti da invitare. Io sono un bastardo e non ho invitato nessuno!
  • Icona Campanella: le notifiche, mi pare abbastanza ovvio.
  • Foto Profilo: qui ci sono le principali informazioni, la, bio, i club dei quali siamo membri. 

L’unico guizzo di colore è rappresentato dall’icona verde “Start Room” , il tasto principe di Clubhouse, l’alfa e l’omega del mondo della conversazione vocale. Facendo tap su di essa (è un termine tecnico, non me lo sono inventato!) si può aprire un proprio club. 

 

Non l’ho usata subito, essendo il mio primo giorno non mi pareva il caso di fare subito l’egocentrico. 

 

Decido di fare un primo passetto in avanti e salto in un club a caso. 
Mi sento come se fossi entrato senza invito dentro la presentazione dell’ultimo iPhone e mi fossi ritrovato sul palco. 

 

Fuggo seduta stante. 

Il secondo giorno mi sento pieno di curiosità, come un bambino in un negozio di caramelle.

Salto di stanza in stanza per capire come funziona ed ho trovato di tutto:

  • simposi sul marketing in inglese,
  • conferenze sul podcasting italiano
  • qualcosa scritto in giapponese che non ho capito
  • musica
  • cinema
  • politica
  • sport
  • tutti gli altri argomenti che vi vengono in mente.

 

Mi gira un po’ la testa, mi siedo su un attimo e mi guardo intorno.

L’effetto è disorientante, sembra di trovarsi in uno di quei suq magrebini in cui mille voci ti chiamano da tutte le parti (molte non nella tua lingua!).

In sostanza non sono mai riuscito davvero a fermarmi in una stanza, perché ogni volta che ho aperto l’app accadeva sempre che:

  • La conversazione mi interessava ma ero in un luogo non silenzioso. Provate voi a intervenire ad una discussione sulla metro!
  • L’argomento era potenzialmente interessante ma stavo facendo attività che richiedevano concentrazione (e perché ho aperto l’app? bella domanda!)
  • La discussione era interessante, frizzante e simpatica (come me), avevo un po’ di tempo libero ed ero deciso ad ascoltare e farmi due risate. Dopo pochi minuti mi tiravano in mezzo per intervenire. Fuggivo ogni volta.

I giorni su Clubhouse si susseguono rincorsi dagli stessi dilemmi del secondo giorno: vorrei ma non posso, vorrei ma non voglio, posso ma passo.

 

Tutto questo farcito da decine e decine di notifiche che mi ritrovo sul telefono, in cui leggo nomi di club e ce ne fosse uno, dico uno, che mi interessi davvero.

 

La confusione è sempre più grande, come in un enorme quadro di Escher, entro in un club per poi uscire subito, rientrare in un altro, mi fermo aspetto, giro a destra mi perdo e quando capisco dove mi trovo devo chiudere tutto.

 

Basta! Decido che è il momento giusto per aprire un club tutto mio!

 

Perché, a pensarci bene, la mia vera vocazione è quella di presidente di un Club. Già mi vedo in giacca e cravatta, davanti al microfono, pronunciare il discorso di Capodanno, davanti agli utenti-cittadini del mio club. Applausi scroscianti.

 

Mi scuoto dal mio sogno, inspiro, clicco di nuovo sul bottone verde.

 

Tre scelte:  canale pubblico, stanza visibile solo ai tuoi follower o club privato.

Ma io sono democratico e la mia scelta è per il popolo: Canale Pubblico sia!

Devo scegliere un argomento (topic) ed un titolo, di cosa posso parlare?

“Comunicazione e Politica: da Giulio Cesare a Mario Draghi”. Wow! Fichissimo. Let’s Go!

 

Nel mio Club appare la mia foto, l’icona del microfono ad indicare che è aperto.

Attendo.

Passano secondi, passa un minuto: nessuno. Vado a farmi un caffè, fingo disinteresse.

Ancora nessuno.

Mi metto a fare altro. Quando torno, infinito tempo dopo, non c’è ancora nessuno.

Dentro le mie cuffie posso sentire il rumore del silenzio.

Preso dallo sconforto chiudo la stanza, sperando che nessuno mi abbia visto, solo nel mio club parlare al nulla.

 

Ormai ho quasi dimenticato il reale motivo per cui ho installato l’app, guardo ancora distrattamente le notifiche (quasi tutte in lingua inglese) che mi arrivano insieme a quelli degli altri social.

 

L’app ha cambiato icona 4 volte. Stento a trovarla tanta la rapidità con cui la sostituiscono, stento a capire quali Club frequentavo, dove sono e come mi chiamo.

 

Di che squadra sono?

Chiedo aiuto in una stanza, ma parlano tutti in Klingon e non capisco un cazzo.

Tutto intorno a me è confusione. Ma dove sono tutti questi utenti?

Dov’è questa enorme, immensa, sconfinata comunità italiana?

Considerazioni in libertà.

La verità è che le condizioni che avevano favorito l’ascesa di Clubhouse erano legate al lockdown. Ora che le persone hanno ripreso la loro vita fuori le mura di casa, è calato drasticamente l’uso dell’applicazione.

 

Inoltre la possibilità di utilizzare Clubhouse solo su iPhone e soltanto dopo aver ricevuto un invito non ha giovato e ha decretato un lento e inesorabile declino del progetto.

 

Probabilmente un’apertura ai tanti utenti Android (speriamo conoscano le leggi di Asimov!) potrebbe favorire l’ingresso di moltissime nuove persone.

 

Inoltre una serie di nuove funzioni, già annunciate dal CEO di Clubhouse, tra le quali quella per permettere l’utilizzo per i non vedenti, potrebbero rendere l’app più interessante ed inclusiva.

 

Di contro, però, social network più strutturati, come Twitter e Facebook, stanno integrando le funzioni vocali nelle loro piattaforme, e questo rischia davvero di dare il colpo di grazia al club della voce.

 

Alla fine di questo mio viaggio faccio alcune considerazioni su quello che mi sono portato a casa nel mio “bagaglio”:

  • Poche ma ottime discussioni interessanti, per lo più le più fatte da Podcaster o persone che parlavano di Podcasting.
  • Stanze vuote
  • Stanze dai nomi equivoci (“trolls never die”)
  • Una sensazione di amarezza generalizzata

 

Sicuramente possiamo dire che Clubhouse è il pioniere di un social basato sulla voce.

Dopo il Principe del microtesto, Twitter, e il signore delle Foto, Instagram, c’è la Casa della Voce: Clubhouse.

 

Sicuramente i messaggi vocali hanno un futuro ancora inespresso e rappresentano una modalità espressiva che le grandi piattaforme stanno cercando di integrare al loro interno nel modo più efficiente possibile. 

 

“Ma Clubhouse sparirà e sarà ricordato un po’ come MySpace, oppure avrà un ruolo attivo nell’affermazione dei messaggi vocali nei social media?”

Che cacchio ne so, che so' il mago Otelma?

Daniele Mezzaroma

Daniele Mezzaroma

Anni: 52. Ruolo: Social Media Manager, Risorse Umane, Account Manager. Dicono di lui: riesce ad empatizzare anche con un Klingon imbottigliato nel traffico di Alpha Centauri. Citazione preferita: “La qualità c’ha rotto er cazzo!".

Chi siamo

Nagency è l’agenzia di comunicazione integrata di Roma.
E cioè?
E cioè facciamo tante cose per i nostri clienti: siti web, gestione social, grafiche e loghi. Insomma grazie al nostro team di professionisti vari riusciamo ad offire un servizio di comunicazione a 360° e riusciamo a gestire tutto il processo dall’inizio alla fine!

I nostri ultimi post

Follow Us

Iscriviti

è gratis

Esce ogni martedì e ti racconta le notizie principali riguardanti la comunicazione, i media, il marketing digitale, la musica, la cultura, le serie tv, la pubblicità e tutto quello che viene in mente ad Emanuele, con un tono leggero ma non superficiale