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5 campagne di marketing fallimentari

“Chi di marketing ferisce, di marketing perisce!”

 

Amico/a Nagencyano/a, so che la citazione non recitava esattamente così però, prima che tu faccia il pignolo/a, lascia che ti spieghi.

 

Mi sono voluta concedere questa “licenza poetica” perché oggi voglio parlarti di come sia imprescindibile ricordare, nel campo della pubblicità e quindi in senso lato della comunicazione , quello che diceva il buon Nanni Moretti in una straordinaria scena di Palombella Rossa “Le parole sono importanti!!!!!”

Come dici? Non hai mai visto questo film? Capisco… ora vergognati per 5 minuti e poi, se non vuoi recuperare il film recupera almeno questa scena.

Tornando a noi, quello dell’importanza delle parole dovrebbe essere un concetto se non scontato quanto meno assodato quando si parla di marketing e comunicazione, dico bene? Ma non solo.

 

Quando un’azienda perde di vista i propri obiettivi comunicativi e il proprio target, anche la trovata più geniale del mondo può rivelarsi proficua come un boomerang che ti arriva sui denti. Il risultato, infatti, sarà che l’unico a trarre un reale vantaggio dalla tua campagna di marketing probabilmente sarà il tuo dentista. 

Senza che ci dilunghiamo troppo, perchè quindi dovresti continuare a leggere questo articolo? Perché sono simpatica? Non saprei. Perché lavori in questo settore? Assolutamente sì!

 

Imparare dai propri errori o, in questo caso, da quelli degli altri, è sempre un ottimo punto di partenza per evitare di buttare i propri soldi dritti dritti nello scarico del ce….ehm, del wc, ecco.

Ciò che accomuna queste 5 campagne disastrose è la scelta di far leva su problematiche di tipo sociale per poter promuovere un proprio prodotto, e di averlo fatto in una maniera così sbagliata da “urtare la sensibilità degli utenti”.

 

Quella che ho usato è un’espressione garbata per dire che queste imprese hanno subito uno shitstorm senza precedenti, che li ha colpiti trasversalmente su qualsiasi piattaforma social esistente.

1. MC DONALD’S: ANCHE I COLOSSI POSSONO SBAGLIARE

Eh si, perchè parliamo nientepopodimenoche della bufera che ha coinvolto il gigante dei fast food McDonald’s. Nel 2017 i geni del reparto marketing inglese dell’azienda hanno ben pensato di creare uno spot che raccontava di un bambino che ha da poco perso il padre e, per sentirlo più vicino, va alla ricerca delle cose che avevano in comune. Mi sembra scontato dirti che in comune avevano la passione per lo stesso panino di McDonald’s, ciò che invece non è scontato, ed è anche abbastanza triste, è che questa sembra essere l’UNICA cosa che i due avevano in comune.

 

Si assiste ad un minuto e mezzo di video che racconta il disperato tentativo del giovane di capire cosa piacesse fare al padre defunto e quali fossero le somiglianze caratteriali tra i due. Per scoprire, alla fine del video, che ad accomunarli era l’amore per i grassi saturi e per il peggior panino mai prodotto da McDonald’s, il Filet-O-Fish.

 

Una pubblicità di pessimo gusto che ha sollevato aspre polemiche contro il colosso americano, accusato di sfruttare il dolore per la perdita di un genitore per trarne profitto.

 

Il risultato? La campagna è stata ritirata pochi giorni dopo per placare l’indignazione generale.

2. MELEGATTI: I BRAND ITALIANI NON SONO DA MENO

E che solo all’estero sono esperti in campagne di marketing disastrose? Assolutamente no!

Molti brand dello stivale (forse un modo un po’ vetusto per indicare l’Italia) meritano un post nella top 5 delle più grandi figure barbine della storia della pubblicità.

 

Il primo che voglio citare è Melegatti, il quale si merita un posto d’onore sul podio con uno spot… come dire? Un tantinello omofobo. Ecco che in questo caso il Nanni sopracitato ci torna utile, perchè ad essere incriminato è stato lo slogan che accompagnava un post uscito sulle pagine social del brand nel non lontano 2015.

 

L’immagine (così brutta che probabilmente è stata realizzata da un grafico che aveva appena ingerito una pasticca di MDMA) ci mostra due coppie di piedi nudi e due mani che escono dalle lenzuola e che stanno per inzuppare un cornetto… facile intuire cosa stessero facendo sotto alle coperte, non trovi? Comunque non era un torneo di Ramino, ecco!

 

Ad accompagnare questa foto la frase: “Ama il tuo prossimo come te stesso…basta che sia figo e dell’altro sesso!” La gaffe è palese e un’azienda storica come la Melegatti non può permettersi certi “scivoloni” però ho questa visione romantica degli ideatori del copy che ripescano questa frase dai cassetti della loro memoria e la vedono lì, scritta con l’inchiostro colorato sulla loro Smemoranda del ‘95. 

 

Ovviamente l’agenzia che ha creato e pubblicato il post è stata immediatamente defenestrata e la Melegatti ha pubblicato sui social un post di scuse. Però non posso fare a meno di chiedermi e di chiedervi: in questi casi, è davvero tutta colpa dell’agenzia di comunicazione esterna all’azienda?

Fonte: corriere.it

3. QUELLA VOLTA IN CUI IL TELEFONO AZZURRO è DIVENTATO “IL TELEFONO ROSSO” (per la vergogna..)

Quello del Telefono Azzurro è senza dubbio l’epic fail che ho preferito in assoluto, forse perché l’assurdità del messaggio è così palese che ancora non mi spiego come una cosa del genere possa essere stata prodotta da una Onlus.

 

Questa la situazione in Italia quando viene lanciata la campagna: piena pandemia, giornata nazionale dell’anniversario dell’adozione della Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza.

 

Mentre la gente comune urla dai balconi, famiglie intere restano coinvolte in pericolosi giri d’affari, tra spacciatori di farine integrale e gel disinfettante per le mani, e adolescenti con gli ormoni “a palla di fuoco” sono costretti a stare in casa perchè le scuole sono chiuse, il Telefono Azzurro lancia la campagna #primaibambini.

 

L’obiettivo? Sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni sulla situazione che i bambini stavano vivendo durante l’emergenza sanitaria da Covid-19, per cercare di far capire l’importanza di non dimenticare i loro diritti anche in quella situazione da Apocalypse Now.  

 

Peccato che la bontà del messaggio non emerga assolutamente dallo spot pubblicitario.

 

In breve:  scoppia un incendio in un palazzo e mentre tutti fuggono un uomo coraggioso corre incontro alle fiamme, per salvare qualcosa o qualcuno. Sentendo un cane che abbaia, sfonda la porta e si trova davanti due bambini impauriti che piangono e accanto a loro un cagnolino. Ignaro dei primi, si precipita a salvare il cagnolino e se ne va con lui in braccio, lasciando lì i piccoli. Alla fine del video la frase: “Sembra impossibile? Eppure sta accadendo oggi”.

 

Se ci penso non riesco ancora a capire perché abbiano scelto di contrapporre due differenti tipi di amore, quello per gli animali e quello per i bambini. Inoltre, pur volendo dare per buona la volontà di lanciare un messaggio forte, continuo a non spiegarmi come  sia venuto loro in mente un finale del genere. 

 

Praticamente con una sola mossa si sono messi contro:

  • le altre associazioni per la tutela dei diritti dei minori
  • gli animalisti, che si sono sentiti offesi in quanto amanti degli animali e non meritevoli, per questo, di essere discriminati
  • i genitori di tutta Italia che mal riuscivano ad accettare l’idea  che i due bambini fossero lasciati lì ad arrostire mentre il cagnolino scorrazzava libero per il quartiere

 

Una campagna disastrosa per una Onlus, che sicuramente rimarrà nella storia. Indovina un po’? Ovviamente il video è stato ritirato con tanto di scuse.

Fonte: open.online

4. “DOVE”, O MEGLIO: DOVE è FINITO IL RISPETTO?

In questa classifica al massacro non poteva assolutamente  mancare la campagna del marchio Dove della multinazionale Unilever, che ha suscitato profonda indignazione a causa del messaggio razzista celato – ma in realtà manco troppo- dietro lo spot.

 

Passato alla storia come “il caso della ragazza nera che diventa bianca”, questa campagna promuove uno dei prodotti dell’azienda per l’igiene personale.

Mostra una ragazza nera, con una maglia marrone che, dopo essersela tolta si trasforma in una ragazza dalla pelle bianca che indossa una maglietta chiara. Così fino alla fine del video in cui compare una ragazza asiatica. 

 

Nello spot si vede la pelle della protagonista che si schiarisce  utilizzando il prodotto, esattamente come la maglia indossata. Immaginate le critiche! 

 

Il messaggio è fraintendibile su più livelli: si potrebbe associare l’idea alla base della storia ad un concetto del tipo “prima e dopo la cura”– il che sarebbe ESTREMAMENTE GRAVE- o, peggio ancora, alla considerazione in base alla quale lavandosi ci si pulisce e che solo il bianco e quindi la pelle chiara è associabile all’idea di pulito. Oppure ancora che il prodotto in questione sia utile per sbiancare la pelle perché il colore “di partenza” non è normale.

 

Come si dice a Roma, “Come te movi, te coci!”, ossia “qualunque cosa tu faccia, sbagli”!

Per cui magari la prossima volta, amica Unilever, un occhio agli spot che stanno per uscire sulle pagine social dei tuoi brand glielo butterei!

Fonte: YouTube

5. IL CASO PANDORA: ALIAS STEREOTIPI E MEDIOEVO.

Se ti dico donna cosa vi viene in mente? Se mi rispondi “Danno” come l’antico proverbio “chi dice donna dice danno”, forse sei rimasto agli anni ‘30 del secolo scorso e con molta probabilità potresti essere assunto da Pandora come creatore della loro prossima campagna pubblicitaria. 

 

Per promuovere i propri gioielli in occasione del Natale 2017, l’azienda ha sborsato parecchi “dindini” per tappezzare diverse città in Italia con una campagna di cartellonistica che recitava testualmente: “Un ferro da stiro, un pigiama, un grembiule, un bracciale Pandora. Secondo te cosa la farebbe felice?”

 

Stai pensando quello che penso io? Credo proprio di sì: l’azienda ha volontariamente fatto ALL-IN al tavolo del sessismo, calando un poker di stereotipi senza precedenti.

 

Inutile dirvi la rivolta che si è scatenata quando sui social l’associazione no-profit “Lefanfarlo”, che promuove la figura della donna nella società moderna, ha postato l’immagine di uno di questi  manifesti affissi sui muri della fermata metro Duomo di Milano.

 

L’azienda ha, poco dopo, pubblicato le sue scuse, giustificando questa scelta con la volontà “di strizzare l’occhio ad alcuni stereotipi che tutte noi conosciamo in maniera ironica e giocosa”.

 

Questo ci insegna che l’ironia è, in ogni caso, un’arma estremamente potente e che bisogna saper maneggiare con cura, altrimenti il rischio è quello di entrare nella classifica delle campagne di marketing più fallimentari della storia.

Tutto questo articolo per dire cosa?

 

Di base, amico/a mio/a, che non ci si può inventare un mestiere e che quando si tratta di marketing bisogna stare estremamente attenti a quello che si pubblica perché il web non dimentica. Per cui, che tu abbia una piccola azienda o un’attività commerciale o che tu stia lavorando al tuo personal branding, presta estrema attenzione a quello che fai e soprattutto…affidati a dei professionisti come noi!

 

Tranquillo/a, Nagency è sempre aperta, puoi chiamarci anche “ore pasti”, al massimo ci faremo una chiacchierata davanti ad un bel bicchiere di vino!

Roberta Zingaretti

Roberta Zingaretti

Ruolo: Project Manager. Pregi: loquace, metodica, organizzata.

Chi siamo

Nagency è l’agenzia di comunicazione integrata di Roma.
E cioè?
E cioè facciamo tante cose per i nostri clienti: siti web, gestione social, grafiche e loghi. Insomma grazie al nostro team di professionisti vari riusciamo ad offire un servizio di comunicazione a 360° e riusciamo a gestire tutto il processo dall’inizio alla fine!

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